Gli scolitidi del pino silvestre

Tronchi di abete rosso bostricato: l’alburno ha acquistato un colore bluastro
ATTIVITA’
Nel caso delle pinete, la gestione delle infestazioni degli scolitidi è resa difficoltosa dalla mancanza di viabilità e dallo scarso valore degli assortimenti ritraibili.

In tutti i casi si è propensi ad attendere lo sviluppo naturale dell’attacco, nella speranza che esso si arresti spontaneamente.

La precocità dei voli primaverili degli xilofagi del pino rendono complicata l’attività di prevenzione e diagnosi degli attacchi.

I pini deperienti, che presentano chiome arrossate e diradate, ma non ancora spoglie, sono da considerare i più pericolosi, dato che in essi possono nascondersi le larve o gli adulti e la parte sana della pianta può risultare appetibile per altre specie. Gli alberi morti, che si presentano privi di corteccia e aghi, non sono più adatti ad ospitare xilofagi primari e pertanto non risultano più pericolosi.

Per le popolazioni di pino silvestre l’intervento di rimozione o la cippatura in loco delle piante attaccate rimane una misura utile ma, nel caso delle pinete sanvitesi, lo sforzo economico può essere giustificabile solo laddove si rilevino nuclei di infestazione che protraggono la loro espansione da un anno all’altro.

Recentemente il Servizio Forestale di Belluno e l’Università di Padova, in accordo con le amministrazioni comunali e regoliere della provincia, si sono attivate per studiare il fenomeno della massiccia proliferazione degli scolitidi nei boschi di abete rosso e pino silvestre dell’alto bellunese e cercare di porre rimedio alle situazioni più difficili e preoccupanti.